Accertamenti bancari non solo per gli imprenditori
La recente ordinanza n. 1781/2024 della sezione quinta della Cassazione ha chiarito un aspetto fondamentale riguardante l’accertamento delle imposte sui redditi, con particolare riferimento all’utilizzo delle informazioni bancarie dei contribuenti. Secondo questa decisione, l’Agenzia delle Entrate è autorizzata a richiedere a qualsiasi contribuente, indipendentemente dalla sua categoria professionale (sia esso un dipendente pubblico, un cittadino privato o un pensionato), di giustificare la provenienza dei fondi depositati sui propri conti correnti.
Il caso in questione si è concentrato su un accertamento fiscale che si basava sui depositi non giustificati nei conti bancari di un contribuente, in conformità con l’articolo 32 del dpr n. 600/73. Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale (Ctp) aveva accolto il ricorso del contribuente, ma questa decisione è stata successivamente ribaltata in appello dalla Commissione Tributaria Regionale (Ctr) del Lazio. La Ctr ha posto l’accento sulla mancata dimostrazione, da parte del contribuente, dell’origine dei fondi utilizzati per gli incrementi patrimoniali contestati.
Contrariamente a un’opinione diffusa, che suggerisce che gli accertamenti sulle movimentazioni bancarie si applichino principalmente a categorie specifiche di lavoratori autonomi (come professionisti, imprenditori e società), la Corte ha chiarito che anche i lavoratori dipendenti, i pensionati e i cittadini privati possono essere soggetti a tali controlli. Questo è particolarmente vero nel caso in cui i versamenti bancari non trovino un corrispettivo nei redditi dichiarati.
La Corte ha sottolineato che la presunzione legale di disponibilità di maggior reddito, deducibile dalle movimentazioni bancarie secondo l’articolo 32, comma 1, n. 2 del dpr 600/73, non è limitata esclusivamente ai titolari di reddito di impresa o di lavoro autonomo. Questa presunzione si estende a tutti i contribuenti, come emerge dall’analisi combinata degli articoli 32 e 38 del dpr 600/73, che riguardano l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche.
Nel caso specifico, la Corte ha anche evidenziato che la contribuente non aveva contestato il possesso del quaranta per cento delle quote della società presso cui era impiegata. Di conseguenza, il ricorso è stato rigettato e l’accertamento confermato, con l’imposizione delle spese di lite a carico della ricorrente.
Questa decisione ribadisce l’importanza per i contribuenti di essere in grado di fornire una giustificazione adeguata e documentata per i fondi depositati nei propri conti bancari, indipendentemente dalla loro categoria professionale o dal tipo di reddito percepito.